Come l’AI sta guidando la lotta contro il crimine finanziario

L’AI è solo una delle tecnologie che potrebbero rivoluzionare i processi operativi di anti-financial crime (AFC), ma è ancora sottoutilizzata, afferma Thomas Seidel, senior manager AFC e compliance presso Sopra Steria Germany.
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Le opportunità offerte dalle nuove tecnologie, (automation, machine learning, AI e oggi GenAI), vengono presentate da anni nei principali convegni e simposi del settore. Le aspettative sono altissime e le promesse in termini di efficienza dei costi e automazione dei requisiti normativi lo sono ancora di più.

Eppure, nella pratica dei processi operativi di anti-financial crime (AFC), ben poco di tutto questo è arrivato finora. Nonostante neobanks e fintechs adottino modelli di business intelligenti e digitali, i processi operativi di AFC di molte istituzioni, sia tradizionali sia nuove realtà finanziarie in Germania, restano ancora manuali e classici.

Certo, esistono progetti pilota e casi d’uso specifici. Ma non si può ancora parlare di un approccio alla compliance davvero completo, olistico e guidato dalla tecnologia. La narrativa secondo cui le nuove tecnologie permetterebbero di realizzare una full compliance 2.0, capace di garantire allo stesso tempo maggiore efficienza e più efficacia nel contrasto al money laundering, resta per ora ciò che è: una narrativa.

A questo punto diventa fondamentale chiedersi: «Perché?». Vorrei concentrarmi meno su dati e tecnologia in senso stretto, altri possono farlo meglio. È chiaro che gli ostacoli tecnologici e infrastrutturali nell’integrazione dei sistemi di AI siano complessi e costosi. Mancano grandi quantità di dati di alta qualità, perché spesso frammentati e incompleti in sistemi obsoleti; pulirli e renderli utilizzabili richiede un enorme lavoro.

D’altra parte, però, la tecnologia esiste, gli operatori e le startup ci sono, e la pressione ad agire, insieme a numerosi possibili casi d’uso, è più forte che mai. Allora qual è il problema? Perché la tecnologia fatica ancora a essere adottata davvero?.

Una spiegazione diffusa è la presunta mancanza di disponibilità e comprensione da parte dell’autorità di vigilanza bancaria tedesca, la BaFin. Secondo questa visione, le autorità non consentirebbero modifiche sostanziali a sistemi e processi esistenti. Credo che sia un grande mito, comodo per chi vuole continuare ad affidarsi a processi e strutture organizzative consolidate.

Occorre intensificare il dialogo sui nuovi approcci

Ricordo una dipendente della BaFin dire: «So cosa alcune persone pensano di noi. Ma non è che ogni giorno un’istituzione venga a presentarci un concetto complessivo coerente, sostenibile e basato su digitalizzazione e tecnologia che sia conforme ai requisiti dell’AMLA».

Credo che qui tocchi un punto fondamentale. Serve più creatività e senso di responsabilità nel mettere in discussione regole comode e consolidate, sviluppare alternative supportate dalla tecnologia e usare questi approcci per instaurare un dialogo proattivo e approfondito con le autorità pubbliche. Inoltre, gli attori del settore devono resistere alla tentazione di restare nella propria comfort zone, evitando di dare per scontato un presunto scetticismo regolatorio. Queste supposizioni rischiano infatti di soffocare l’innovazione e scoraggiare la ricerca di soluzioni nuove e di un confronto costruttivo.

Ci sono clienti di Sopra Steria che stanno adottando proprio questo approccio e parlano di uno scambio aperto, collaborativo e orientato alla soluzione, anche con le autorità di vigilanza. E più aumentano le situazioni e i casi d’uso che stimolano un dialogo tra soggetti obbligati e autorità pubbliche, le note public-private partnerships, maggiore sarà la possibilità che le tecnologie anti-money laundering trovino una reale applicazione.

Purtroppo, anche molte start-up nel campo dell’anti-financial crime raccontano quanto sia ancora difficile inserirsi nelle strutture esistenti, nelle applicazioni, nei processi di procurement e nei fornitori già consolidati, nonostante tecnologie allo stato dell’arte e use case efficaci, efficienti e spesso anche più economici. Anche qui, il mercato avrebbe bisogno di maggiore coraggio.

Naturalmente anche gli attori pubblici possono contribuire meglio, creando spazi in cui sperimentare innovazioni responsabili e favorire un dialogo specifico per singolo use case tra Stato, settore finanziario e fintech. Oppure definendo formati e strutture dei dati comuni, a cui il settore possa allinearsi per automatizzare ulteriormente, ad esempio, i processi di segnalazione delle attività sospette.

Ora tocca al settore finanziario

Ritengo che l’iniziativa debba partire dalle aziende obbligate e tradursi in un confronto con le autorità pubbliche. A loro volta, queste ultime devono creare un quadro migliore in cui questo dialogo costruttivo possa avvenire.
Perché non affidare, ad esempio, a un gruppo di lavoro specifico all’interno della Anti-Financial Crime Alliance (AFCA) il compito di analizzare l’automazione del processo di suspicious activity reporting e sviluppare raccomandazioni per uno standard di settore? Le soluzioni concrete non mancano.

 

Contenuto originale pubblicato il 3 Novembre 2025: Anti-financial crime: Why AI is still being left out.

 

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