Perché le aziende lavorano così intensamente con la GenAI?
«Da un lato, la tecnologia offre significativi guadagni in termini di efficienza, risparmio di tempo e risorse, riduzione dei costi e liberazione di capacità interne.
Dall’altro, la GenAI apre la strada a un’innovazione profonda, permettendo alle aziende di immaginare e sviluppare modelli di business completamente nuovi: è proprio questa possibilità di reinvenzione a far prevedere agli osservatori economici un profondo cambio di paradigma e trasformazioni radicali nei prossimi anni. Siamo ancora nelle fasi iniziali di questo percorso. Ma le organizzazioni che sapranno cogliere il potenziale dell’intelligenza artificiale – e della GenAI in particolare – e che adatteranno in modo proattivo la propria struttura e cultura, stanno già oggi costruendo le fondamenta del loro successo futuro. Per questo non si tratta solo di ottimizzare i processi esistenti, ma di ripensarsi completamente ed evolvere come impresa».
Qual è il modo migliore per le aziende di prepararsi alla trasformazione AI?
«Per affrontare con successo questa trasformazione, è fondamentale prepararsi sia a livello organizzativo che tecnico. Tuttavia, è altrettanto importante un cambiamento culturale profondo, che consenta di comprendere pienamente dove ci si trova oggi e dove si vuole arrivare. Tutti i dipendenti devono essere disposti ad accogliere il cambiamento nella quotidianità, anche se la trasformazione culturale si rivela particolarmente sfidante: mette in discussione abitudini consolidate, modelli mentali e certezze costruite nel tempo, talvolta nel corso di decenni.
In Sopra Steria accompagniamo i nostri clienti in questo percorso attraverso il nostro approccio iTChange. Ci affidiamo in particolare ai Change Agent, figure chiave che supportano la trasformazione con un approccio bottom-up, coinvolgendo in modo attivo tutta l’organizzazione. In questo modo, ci assicuriamo che la strategia AI venga realmente integrata nei processi aziendali, favorendone un’adozione efficace e sostenibile».
Cosa fanno esattamente i Change Agent?
«I Change Agent sono dipendenti che, all’interno dell’azienda, agiscono come ambasciatori dell’innovazione e del processo di trasformazione legato all’AI. Rappresentano un punto di riferimento per i colleghi, offrendo ascolto, supporto e soluzioni concrete.
Ad esempio, se un team incontra difficoltà durante un progetto pilota per automatizzare la comunicazione con i clienti, il change agent analizza innanzitutto i feedback raccolti dai dipendenti. Sulla base di questi input, adatta le modalità operative e propone alternative per superare gli ostacoli, consentendo di proseguire il progetto con successo e mantenere alta la motivazione all’interno del team.
Oltre ai classici compiti legati alla gestione del cambiamento, gli agenti svolgono un ruolo ponte tra le persone e le nuove tecnologie. Non si limitano a supportare l’implementazione tecnica, ma aiutano anche i colleghi a riconoscere e sviluppare in autonomia i propri casi d’uso basati sull’AI. Lo fanno, ad esempio, presentando buone pratiche già attive in altri reparti o aziende, dimostrando concretamente come l’AI possa essere impiegata con efficacia.
Inoltre, promuovono spazi di confronto come i “pool di idee sull’AI”, in cui i dipendenti possono proporre direttamente i propri spunti per l’adozione dell’intelligenza artificiale. I Change Agent analizzano queste proposte e, se ritenute valide, attivano le risorse e i contatti necessari per trasformarle in progetti concreti».
In poche parole, i Change Agent:
- agiscono come ambasciatori dell’innovazione;
- offrono supporto concreto ai colleghi;
- analizzano feedback e propongono soluzioni operative;
- facilitano l’identificazione di casi d’uso AI;
- promuovono iniziative come i “pool di idee sull’AI” per raccogliere proposte dai dipendenti.
Di quali competenze ha bisogno un Change Agent di successo?
«Si tratta di un ruolo complesso, che richiede una combinazione di competenze tecniche e soft skills avanzate.
La conoscenza tecnologica è fondamentale per offrire un supporto competente e concreto durante l’adozione dell’AI. Ma non basta: un buon Change Agent deve anche saper comunicare in modo chiaro, coinvolgere emotivamente le persone, spiegare concetti complessi con semplicità e immediatezza.
L’empatia è un elemento centrale: permette di comprendere i dubbi, le resistenze e le prospettive dei dipendenti, costruendo fiducia e guidando il cambiamento con sensibilità. Inoltre, è importante che l’agente possieda una visione del futuro chiara e condivisibile, che sappia ispirare gli altri e orientare l’azione, anche in contesti incerti. La sua credibilità, unita alla capacità di mantenere la rotta nei momenti critici, fa la differenza nel consolidare la trasformazione.
Tutte queste competenze fanno del Change Agent un vero catalizzatore dell’innovazione all’interno dell’organizzazione».
Quali risultati hanno già ottenuto le aziende grazie ai Change Agent?
«All’interno del nostro approccio iTChange, i Change Agent si sono rivelati un elemento determinante in numerosi progetti, contribuendo a migliorare sensibilmente l’accettazione del cambiamento da parte dei dipendenti e a favorire un dialogo aperto e costruttivo tra tutti gli stakeholder aziendali.
In qualità di moltiplicatori dell’innovazione, hanno svolto un ruolo decisivo nell’integrare in modo sostenibile l’AI nei processi e nella cultura aziendale. E continuano a essere motori del progresso costante all’interno delle organizzazioni.
Nel complesso, l’approccio iTChange costruisce ponti solidi tra persone, tecnologie e obiettivi aziendali. Collega in modo armonico competenze umane e digitali, facilitando una trasformazione profonda e duratura.
La nostra esperienza ci insegna che, anche nella trasformazione AI, sono le persone il vero motore del cambiamento».
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